martedì 24 aprile 2012

Hard Times



Vorremmo non comprendere che tempi duri, più duri di questo ci attendono e che per troppo tempo abbiamo sacrificato al Dio capitalismo le nostre vite liquefatte in spensierato fluire per soddisfare fittizi piaceri eternamente insoddisfatti. Dopo la frammentazione e la polverizzazione dei più elementari abecedari dell'etica che esige trasparenza di anime  e di stili di vita guidati dal solidale e dal bene comune, ancora ci stupiamo che ci sia in giro gente che si ostina a vivere alle spalle degli altri, che corrompe, trama e traffica oscuramente per proprio tornaconto e per quello della casta alla quale appartiene. Tra il rassegnato e sempre comodo pensiero di chi sostiene che "così va il mondo" e le urla sconnesse e i vituperi dei grillini telecomandati, ci sarà pure una via d'uscita che metta alla porta una volta per tutte il marciume al potere, i fanfaroni, i parassiti dello Stato e i corrotti d'ogni casacca, non tanto per salvarci dalla bancarotta morale e materiale quanto per dare uno straccio di speranza alla parte sana del paese,cioè, a tutti coloro che da anni hanno sviluppato potenti anticorpi verso questo sistema malato e in cancrena e continuano a resistere senza urla esagitate e senza visibilità continua. 

Angela Poli   

venerdì 2 settembre 2011

Scacco all’eurozona: l’Italia a rischio - dalla fiction all’austerità


“Too big to fail”. Troppo grande per fallire. Così gli economisti a proposito di Spagna e Italia, i due paesi  nell’occhio del ciclone della speculazione finanziaria. Ma basta questa  formuletta ripetuta come un mantra per sentirci al riparo? Dopo i giorni di passione delle borse italiane e la manovra finanziaria da carneficina sociale, diremmo di no. Non basta, evidentemente. Il mercato gioca a dardi con i debiti sovrani e alza il tiro, provando a scardinare la tenuta dell’eurozona. Nessun complotto, da qualche mese gli hedge funds hanno cominciato a scommettere contro il debito italiano in un calo di fiducia nel paese. Tuttavia,  Italia come Grecia è un’equazione da non fare, mancano presupposti e profilo storico. L’Italia è vulnerabile  per il suo colossale debito pubblico (circa il 120% del Pil), per le riforme strutturali prorogate sine die, e soprattutto per gli ininterrotti scandali politico-giudiziari che rinviano impudicamente a corruzione, olgettine, collusioni mafiose e poteri occulti che si appropriano degli spazi pubblici per farne uso privato e illecito e che tanto indietro lasciano un paese reale che affonda e boccheggia imprigionato nel pantano di disoccupazione, precariato, lavoro nero, caro petrolio, caro vita, senza ombra di crescita. Per questo, aumenta il disprezzo per “la casta” e i suoi privilegi, per i ricchi scordati dal fisco mentre l’unità nazionale la si chiede a chi si ingegna ogni dì per  sbarcare il lunario. Gli indignati crescono, sul web e nelle piazze, e non sono più né di destra né di sinistra, hanno saltato la staccionata obsoleta dei partitismi e delle casacche, sono sicuri di non essere loro i destinatari del conto esoso della crisi. Giovani, donne, pensionati, immigrati, questo l’elenco del girone infernale, quello di chi è condannato a tirare una cinghia che già stringe poco e nulla. Una polveriera sociale che continua ad essere ignorata e che è il prodotto di una anti-democrazia fatta di pratiche incancrenite nel tessuto della società italiana in base alle quali la carriera non è il risultato del merito, del lavoro e del sudore, dell’impegno e del talento ma dell’essere bene introdotti negli ambienti del potere, dell’essere affiliati a qualcuno che conta, secondo un modello malavitoso  lontano anni luce dall’American Dream. 

L’Europa sembra aver minato le sue fondamenta, i suoi principi di uguaglianza, giustizia, solidarietà, finendo con l’apparire un manipolo di tecnocrati che in mezzo alla tempesta si aggrappa al patto di Stabilità finanziaria valido per tutti e in ogni caso.  All’Italia le cure della Grecia … quelle che hanno quasi ammazzato la Grecia. Il risanamento dei conti pubblici attraverso lo smantellamento dello stato sociale con quel taglio lineare che colpisce i meno abbienti e lascia in pace i ceti più facoltosi. Il rischio Italia apre una fase nuova della crisi europea. Troppo grande per fallire, ma anche troppo grande per essere salvata. E’ in gioco  il destino stesso dell’Unione che, continuiamo a ripeterlo, invece di restare abbarbicata al trattato di Maastricht  potrebbe risolversi a  sanare il suo “difetto di costruzione” costituito da una moneta unica senza Stato, la falla originaria che andrebbe  cementata  per restituire stabilità al progetto più grande e ambizioso del Novecento. L’Italia commissariata dalla Merkel è misura dell’odierna U.E.: la Germania guida e portafoglio di Bruxelles, mentre le periferie economiche annaspano e ricevono diseguale trattamento dagli investitori. La stoccata della speculazione che ha colpito l’Italia e il suo debito sovrano, in esubero  dal dopoguerra ma ampiamente assorbito a tassi contenuti dal sistema bancario e da risparmiatori solerti, è avvenuta con la complicità delle agenzie di rating, ora sotto inchiesta da parte di diverse procure italiane (Trani e Roma). Alla crisi ha contribuito pure l’incertezza della task force dell’’Eurogruppo a Bruxelles nel trovare soluzioni efficaci al default della Grecia. Obiettivo oggi, per l’Italia, è evitare il circolo vizioso dell’aumento dei tassi sui titoli del debito pubblico. Sin dal primo attacco alla Grecia dai conti  truffaldini si indovinava l’assalto all’Europa e si profilava una lotta feroce tra la finanza, orientata da tre agenzie di rating non sempre trasparenti, e la politica con le sue contraddizioni, le sue doppiezze, i suoi contorti avvitamenti per non smagliare le ragnatele del potere. Questa crisi è del sistema, è il fallimento del pensiero liberista, delle sregolatezze del mercato e delle trame opache della politica, del concetto finto-epicureo della “vita a credito” finito in bolle e spazzatura. Già durante il G8 di Genova nel 2001 tutto questo veniva denunciato da una marea di giovani in strada finiti al massacro secondo quella che Amnesty International ha definito “ la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”. Il risanamento prima di essere economico dovrebbe essere etico-culturale.  La politica dovrà decidersi a sganciarsi dalla malafinanza e dalle lobby bancarie inforcando gli occhiali grandi del futuro fatto sì di decrescita consapevole ma anche di alfabetizzazione civica e giustizia sociale; tassando le rendite finanziarie anziché spremere chi lavora, stanando i tesori depositati nei paradisi fiscali, dichiarando guerra all’evasione fiscale, promuovendo un’economia sostenibile, investendo in energie rinnovabili, scuola, ricerca, nuove tecnologie, sarebbe a dire, sviluppo, lavoro. E’ il momento di grandi protagonisti sulla scena politica e non di insignificanti parodianti che perpetuano modalità affaristiche e personali. Stiamo uscendo dalla fiction tartufesca e cialtrona girata in Italia, possiamo smontare il set riprovevole dell’ultimo ventennio. E’ il momento di sperare.  Good morning, Italia.

Angela Poli